Anteprima della nuova scatola di montaggio in scala 1/32 del caccia Reggiane RE 2000

Tabella dei Contenuti

Siamo alla fine di Giugno 2025 e nasce il prototipo funzionale del nostro nuovissimo kit in scala 1/32 del caccia Reggiane RE 2000 disegnato dalla mano magica del nostro collaboratore e designer Carlo Cestra (visita il suo sito web qui…). Carlo ha un’esperienza più che ventennale come grafico e creator digitale per il mondo del cinema. Lavora per grandi aziende di produzione ed è un appassionato di Storia. Per questo motivo siamo venuti in contatto con lui e abbiamo iniziato una proficua collaborazione professionale per la creazione di nuovi soggetti legati alla nostra formula di “modellismo statico alternativo”, caratterizzata da due elementi: la qualità del prodotto e l’originalità del soggetto.

Le fonti storiche, tecniche e iconografiche sono curate dalla collaborazione con Paolo Miana de Gli Archivi Ritrovati (visita il sito qui…), studioso, storico specializzato sulla aeronautica italiana e appassionato collezionista di una serie vastissima di documenti storici originali, disegni d’azienda e progetti in una raccolta preziosissima ed unica.

Sappiamo di aver intrapreso una strada irta di difficoltà, ma confidiamo nella nostra visione di un futuro del modellismo statico e storico legata indissolubilmente alle nuove tecnologie di stampa 3D in cui siamo un’eccellenza, dopo più di 10 anni di esperienza maturata in questo affascinante campo. Produciamo scatole di montaggio della massima qualità e senza compromessi, pur sapendo che questo può influire sul costo finale del prodotto; abbiamo perciò deciso di proseguire dedicandoci ai modellisti di provata esperienza che non vogliano scendere a compromessi e che cerchino soggetti di interesse storico al di fuori della normale offerta commerciale di kits in plastica ad iniezione. Modellisti che favoriscono un acquisto anche costoso ma con tutto il supporto e la qualità data dalla nostra esperienza di modellisti in scala e dalla professionalità dei nostri collaboratori.

Ogni serie di kits prodotti sono perciò rigorosamente in serie limitata e numerata per essere sempre identificati univocamente. Sappiamo di essere fuori dalla portata e dai budget dei modellisti ordinari e ci scusiamo, ma il nostro lavoro può essere apprezzato soltanto da un’esclusività di colleghi modellisti che cercano la perfezione, il dettaglio e la fedeltà storica e con cui condividiamo la passione.

 

Il Reggiane RE 2000

Il Reggiane Re.2000, noto anche, non ufficialmente, come “Falco”, era un aereo da caccia monomotore, monoplano ad ala bassa e monoposto, sviluppato dall’azienda aeronautica italiana Officine Meccaniche Reggiane nei tardi anni trenta. Primo progetto realizzato in proprio dall’azienda emiliana, controllata dalla Caproni SpA, trovò impiego marginale nella Regia Aeronautica nella prima parte della seconda guerra mondiale. Il velivolo ebbe successo commerciale soprattutto all’estero: venduto in Svezia e Ungheria (in quest’ultimo paese venne anche costruito su licenza), venne utilizzato dalle relative aeronautiche militari che lo denominarono, rispettivamente, J 20 ed Héja.

Il progetto del Re.2000 nacque nel 1938 a cura degli ingegneri Roberto Longhi (di ritorno da un biennio di studi compiuto negli Stati Uniti d’America) e Antonio Alessio, in risposta alla richiesta per un caccia monoplano avanzata dalla Regia Aeronautica fra il 1935 e il 1936. Posteriore agli altri progetti (AUSA AUT 18, Caproni Vizzola F.5, Fiat G.50, Macchi M.C.200 e IMAM Ro.51) presentati a fronte della medesima richiesta, il disegno del Re.2000 si distaccava in modo sostanziale dai suoi concorrenti, incorporando soluzioni tecniche e costruttive d’avanguardia la cui paternità viene attribuita all’esperienza internazionale maturata dall’ingegner Longhi.
Tutte le fonti bibliografiche, tuttavia, evidenziano la notevole somiglianza esteriore tra il Re.2000 e lo statunitense Seversky P-35 (la fusoliera e le ali erano identiche, anche se la cabina di pilotaggio, il carrello d’atterraggio e il radiatore dell’olio vennero ridisegnati) e, anche in ragione della coincidenza di dati geometrici, indicano la possibilità che il progetto del caccia italiano non fosse del tutto originale. In realtà nel corso del 1937 la Caproni e la Seversky si trovarono a trattare sulla possibile acquisizione della licenza di costruzione del P-35, senza tuttavia trovare un accordo definitivo. Risultano frutto di congetture non comprovate sia la possibilità che Longhi avesse acquisito i progetti del P-35 durante il suo viaggio negli Stati Uniti, sia la possibile conclusione di un accordo occulto tra le due società; tra l’altro quest’ultima ipotesi sarebbe una delle cause dell’estromissione di Alexander de Seversky dall’azienda di cui era stato fondatore, unitamente alla vendita di 20 esemplari di una variante biposto del P-35 alla Marina imperiale giapponese. In ogni caso il progetto venne definitivamente completato dall’ingegner Giuseppe Pambianchi, i cui disegni finali risultano datati 2 aprile 1938.

Dopo esperimenti nella galleria del vento del campo di aviazione di Taliedo, ai comandi di Mario de Bernardi, già collaudatore della Caproni, il Re.2000 venne portato in volo per la prima volta a Reggio Emilia, sulla pista di prova dell’azienda, il 24 maggio 1939. La macchina diede riscontri positivi e furono necessarie solo modifiche minori agli scarichi del motore e alla presa d’aria del carburatore (allungata), oltre all’aggiunta di un’ogiva all’elica prima di inviare il prototipo MM.408 a Guidonia per successivi test, dove tornarono di nuovo in luce le buone caratteristiche complessive. In particolare, a differenza degli altri due caccia italiani all’epoca già in fase di consegna ai reparti (il Macchi M.C.200 ed il Fiat G.50), il Re.2000 non tendeva a entrare in autorotazione. Un altro fattore di vantaggio del Re.2000 era determinato dall’utilizzo di tecniche costruttive altamente industrializzate, impiegate al fine di consentirne una più agevole produzione in grande serie[.

Di contro, tra i difetti della macchina vennero evidenziati la presenza, fatto unico nel panorama nazionale dell’epoca, di serbatoi integrali disposti nelle ali (soluzione che generò preoccupazioni nelle autorità preposte alla valutazione del velivolo in considerazione anche del fatto che la perdita di alcuni rivetti aveva provocato fuoriuscite di carburante) e l’insoddisfacente affidabilità del motore radiale Piaggio P.XI RC.40, un 14 cilindri a doppia stella, derivato dal francese Gnome-Rhône 14K Mistral Major. L’esito finale delle prove valutative fu quindi avverso al caccia Reggiane, che venne impiegato solo marginalmente dalle forze armate del proprio paese d’origine. Al contrario la macchina suscitò interesse al di fuori dei confini nazionali: il primo paese straniero a siglare un contratto d’acquisto fu l’Ungheria che, nel dicembre del 1939, ordinò un lotto di 70 velivoli e acquisì la licenza per altri 200 esemplari. In seguito, nel novembre del 1940, anche la Svezia (colpita dall’embargo statunitense che, consentendo vendite di armamenti al solo Regno Unito, impedì la consegna di 60 Seversky P-35) stipulò un contratto per 60 Re.2000.
A tal proposito, risultano contraddittorie le notizie relative all’interessamento di altri paesi nei confronti del caccia della Reggiane: non vi sarebbe infatti alcun riscontro circa 300 (oppure 1 000) esemplari, la cui richiesta da parte del Regno Unito sarebbe stata oggetto di trattative protrattesi fino ai primi mesi del 1940. Un’altra fonte tuttavia scende più in profondità nei dettagli e attribuisce al Regno Unito un ordine di 300 Re.2000 firmato nel 1940 e nato dall’interruzione dei contatti con gli statunitensi per l’acquisto del P-35 in seguito alla riorganizzazione della Seversky nella Republic Aviation Company; l’idea della Royal Air Force era di inviare i Re.2000 nel Medio Oriente, ma l’ingresso dell’Italia in guerra al fianco della Germania nazista interruppe ogni dialogo con la fabbrica italiana. Analogamente vengono citate richieste da parte delle autorità di Svizzera, Spagna, Regno di Jugoslavia (per 50 esemplari ciascuno) Finlandia (100 velivoli), Portogallo (produzione su licenza di 50 macchine)[22] e Francia (generici “contatti”), ma sempre con l’uso del condizionale. Se dal punto di vista tecnico non vengono riportate differenze sostanziali rispetto al prototipo e ai pochi esemplari realizzati per la Regia Aeronautica, alcune modifiche vennero apportate agli esemplari ungheresi una volta giunti a destinazione: in particolare fu inserita una protezione corazzata alle spalle del pilota; questa modifica (non concordata con il costruttore), incidendo sul baricentro del velivolo, provocò cedimenti strutturali nella zona del ruotino d’appoggio posteriore e diede origine a fenomeni di autorotazione assenti all’origine. Il Re.2000 fu oggetto di ulteriori sviluppi in seguito alle sollecitazioni provenienti da alcuni comandanti dei reparti di volo italiani, al fine di sfruttare l’autonomia di cui era dotato (superiore a quella di tutti i velivoli di pari ruolo in servizio). Tre o quattro esemplari di una delle commesse estere furono modificati con l’adozione di serbatoi di carburante aggiuntivi in fusoliera e, sulla base di questa modifica, altri undici o dodici esemplari furono realizzati ex-novo, dando così origine alla Serie II (nota anche come GA, “Grande Autonomia”). Della stessa caratteristica venne fatto tesoro per realizzare una versione “navalizzata” del Re.2000: definita Serie III, o “Catapultabile”, essa fu studiata per l’impiego sulle principali unità della flotta. Destinata a decollare mediante l’uso di catapulta (da cui la denominazione corrente), integrava irrobustimenti strutturali necessari a sopportare le sollecitazioni al momento del lancio ed era dotata degli opportuni ganci d’attacco alla catapulta. Non erano necessarie strutture aggiuntive per l’atterraggio, che avveniva, in ogni caso, presso basi sulla terraferma. Il Re.2000, infine, costituì la base per lo sviluppo delle successive realizzazioni delle Reggiane: Longhi e Alessio nei mesi successivi realizzarono il Re.2001, il Re.2002 ed il Re.2003, facendo ampio ricorso alle esperienze maturate col “Falco”; i primi esemplari di tali modelli furono realizzati mediante la modifica di cellule di Re.2000.

 

Tecnica

Monoplano, ad ala bassa, il Re.2000 era un velivolo dalla struttura interamente metallica, realizzata in lega di alluminio (della tipologia denominata “superchitonal”) e rivestimento lavorante. La fusoliera, rivettata, era di sezione circolare, caratterizzata dalla voluminosa cappottatura del motore al termine della quale iniziava il bordo d’entrata dell’ala. Nella parte superiore la cabina di pilotaggio era dotata di cupolino, con apertura a scorrimento, che nei primi esemplari era interamente vetrato mentre successivamente divenne metallico nella zona alle spalle del pilota. In ogni caso, la visibilità del pilota a 360° era buona, limitata solo frontalmente dalle grandi dimensioni del motore. Nei velivoli delle Serie II, all’interno della fusoliera, alle spalle del pilota erano sistemati due serbatoi di carburante dalla capacità di 160 litri ciascuno. L’ala aveva pianta ellittica e struttura a cassone, realizzata con l’impiego di cinque longheroni, anch’essa in superchitonal e rivestimento lavorante; l’interno dello spessore alare, reso stagno mediante l’applicazione di gomma sigillante tramite un processo definito “semapizzazione”, fungeva da serbatoio in grado di imbarcare 454,6 L di carburante nella parte centrale e 240,9 L nelle estremità. Gli impennaggi erano di tipo classico, con gli stabilizzatori disposti alla base della deriva; anch’essi realizzati con la stessa struttura metallica delle altre parti del velivolo, avevano le parti mobili rivestite in tela. Il carrello d’atterraggio era di tipo triciclo posteriore; gli elementi principali monoruota si ritraevano all’indietro in un’apposita carenatura, con la ruota che (con una rotazione di 90°) alloggiava di piatto nello spessore dell’ala; questo schema di funzionamento è da alcune fonti indicato come studio originale dell’ingegnere Virgilio Vardanega, mentre altri riportano che si tratti di una soluzione già studiata dalla Curtiss Aeroplane and Motor Company. In coda il ruotino, orientabile, era retrattile. L’aereo era fornito di una radio Allocchio-Bacchini B.30 e di un impianto dell’ossigeno.

 

Motore

L’unità motrice prescelta per la motorizzazione del Re.2000 era il Piaggio P.XI, nella versione RC.40 dotata di riduttore. Motore radiale a 14 cilindri, raffreddato ad aria e capace di erogare la potenza di 1 000 CV, esso era più potente del Fiat A.74 che equipaggiava il Fiat G.50 e il Macchi M.C.200; esso rappresentò, malgrado le aspettative, uno dei punti deboli del caccia della Reggiane in quanto scarsamente affidabile. La presa d’aria del carburatore venne posizionata nella parte superiore della cappottatura NACA: tale espediente e diversi affinamenti aerodinamici garantirono al Re.2000, benché fornito di un motore meno potente, una velocità di 40 km/h superiore a quella del P-35. L’elica era anch’essa di costruzione Piaggio: tripala metallica, aveva passo variabile e diametro di 3,10 m.

 

Ulteriori informazioni

Per ulteriori informazioni rimandiamo alla pagina Wikipedia da cui abbiamo tratto questi commenti.
https://it.wikipedia.org/wiki/Reggiane_Re.2000

 

Il Modello

Come ho già anticipato nella premessa, siamo ad oggi in una fase avanzata di produzione del RE 2000 in scala 1/32. Il modello funzionale è stato assemblato con ottimi risultati, come potete vedere nella galleria qui sotto.
Nella stampa 3D avevamo trovato una diffcoltà nella realizzazione dei trasparenti, ma abbiamo trovato un’ottima resina di marca Phrozen, professionale, che garantisce una buona resa di trasparenza. Ovviamente dopo la post-produzione (lavaggio e indurimento UV) la resina opaccizza leggermente, ma stendendo un po’ del prodotto che viene fornito nel kit a mo’ di lucidante sui trasparenti (può essere steso a pennello o ad aerografo) il tettuccio ridiventa magicamente lucido e trasparente.

I pezzi più imponenti (ali, fusoliera, impennaggi…) verranno forniti in resina castata a freddo realizzata da un nostro qualificato fornitore e cliente, qui in Irlanda, mentre le restanti parti saranno fornite in resina stampata 3D.
Riguardo alle decals stiamo preparando almeno due esemplari: un esemplare terrestre (GA) e un esemplare catapultabile. Riguardo al catapultabile poi, stiamo valutando di realizzare anche il dispositivo di lancio “Gagnotto” come l’esemplare installato sulla corazzata “Roma” di cui riprodurremo il caccia imbarcato.

Al momento non è ancora stato definito un prezzo al pubblico ma presto verrete informati e il modello sarà disponibile all’acquisto sulla nostra piattaforma The Model Bunker™.

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